Comunicato Stampa
Sperimentazioni cliniche: nasce in Italia la prima Carta
che promuove il diritto dei pazienti e delle Associazioni
a far sentire la loro voce nello sviluppo dei farmaci
Persone non solo Pazienti, la piattaforma di dialogo promossa
da Fondazione Roche insieme a 16 Associazioni, presenta la prima Carta etico-deontologica in Europa per la partecipazione delle Associazioni di Pazienti ai trial clinici, messa a punto insieme a un gruppo di ricercatori di bioetica e biodiritto del Consiglio Nazionale delle Ricerche.
L’importanza di ottimizzare e rendere più fluidi i trial clinici è un tema già da tempo al centro dell’attenzione di Istituzioni e sperimentatori: il coinvolgimento delle Associazioni di Pazienti in tutte le fasi delle sperimentazioni permette di assicurare maggiore appropriatezza e aderenza alle terapie, superare possibili iniquità nell’accesso alla ricerca, garantire maggiore attenzione ai bisogni sanitari e alle esigenze dei pazienti, ridurre i costi organizzativi con vantaggi per la ricerca, la salute dei pazienti e la sostenibilità del Servizio Sanitario.
Roma, 1° luglio 2020 – Portare il punto di vista di chi affronta la malattia nel cuore della sperimentazione per rendere le terapie sempre più a misura di pazienti e favorire la comprensione e il dialogo tra gli stessi pazienti e i medici. Accelerare il percorso della ricerca clinica e far arrivare prima i farmaci al paziente.
Un contributo importante in questa direzione arriva adesso dalla Carta dei principi e dei valori per la partecipazione dei pazienti ai trial clinici, presentata oggi nel corso di una web press conference.
La Carta, la prima del genere a livello europeo, è il frutto della collaborazione tra un gruppo di ricercatori di bioetica e biodiritto del Consiglio Nazionale delle Ricerche, coordinati da Cinzia Caporale, Comitato Nazionale di Bioetica, e Persone non solo Pazienti, la piattaforma di dialogo promossa da Fondazione Roche insieme a 16 Associazioni.
Scopo dell’iniziativa è fornire delle coordinate a un’importante evoluzione della pratica clinica: la possibilità che i pazienti e le Associazioni possano finalmente dire la loro, ed essere ascoltati, in tutte le fasi della sperimentazione. Se scoprire nuovi farmaci resta compito dei ricercatori, oggi è sempre più valutato il contributo che possono dare al progresso della medicina e all’innovazione le persone che convivono con la malattia.
«Fondazione Roche sostiene la ricerca clinica indipendente che ha l’obiettivo di trovare risposte urgenti e importanti per le malattie più difficili: in quest’ottica, il motore dell’iniziativa di Persone non solo Pazienti è stata l’esigenza crescente che gli studi riflettano il più possibile la real-life, insieme alla necessità di accelerare le procedure e favorire lo svolgimento di trial di qualità in tempi minori – afferma Mariapia Garavaglia, Presidente Fondazione Roche – la presenza delle Associazioni di Pazienti è una garanzia di partecipazione e controllo, perché nessuno più dei pazienti può sentire l’urgenza e la fretta di bruciare le tappe nelle varie fasi della sperimentazione e d’altra parte attraverso la loro esperienza diretta della malattia i pazienti possono fornire indicazioni concrete a chi studia e ricerca. Questo strumento può aiutare i pazienti a essere protagonisti nel dialogo sia con i ricercatori che con i decisori politici».
La Carta dei principi e dei valori vuole agevolare il riconoscimento formale del ruolo delle Associazioni di Pazienti proponendosi come una bussola di orientamento etico per tutti gli attori coinvolti: gli sperimentatori, il personale sanitario, i pazienti e le loro Associazioni ma anche le Istituzioni e gli ordini professionali in vista dell’elaborazione di norme deontologiche.
«Questa Carta è per noi una prima proposta, un punto di partenza migliorabile con la partecipazione di Istituzioni, comunità scientifica e di altre Associazioni di Pazienti. Fin d’ora però riteniamo che la Carta abbia la forza per determinare un cambiamento, che speriamo possa attuarsi con progetti pilota e in questa ottica siamo a disposizione per avviare percorsi virtuosi con singole realtà – afferma Cinzia Caporale, Comitato Nazionale di Bioetica – solo la misura della concreta applicazione potrà dirci come integrare ed eventualmente modificare la Carta, con l’obiettivo di farla diventare un riferimento nazionale. Questa Carta, nata da un lavoro collettivo, si potrà consolidare solo attraverso un lavoro congiunto con gli operatori della salute»
Ma come si dovrebbe concretizzare il coinvolgimento delle Associazioni di Pazienti in tutte le fasi dei trial clinici e quali sono i benefici?
La Carta delinea in primo luogo una serie di impegni reciproci tra sperimentatori e Associazioni di Pazienti: i primi dovrebbero riconoscere il ruolo e il contributo significativo dei pazienti e delle Associazioni al progresso della medicina, promuovere l’autonomia dei pazienti e fornire alle Associazioni informazioni e risultati preliminari in modo continuativo.
Le Associazioni grazie alle loro competenze e all’esperienza maturate dai propri rappresentanti dovrebbero essere accreditate da parte degli Enti autorizzativi competenti, collaborare con gli sperimentatori in tutte le fasi previste dal protocollo sperimentale, rendere fruibili agli sperimentatori le informazioni ricevute e le esigenze espresse dai pazienti e dagli iscritti.
L’azione propedeutica per il coinvolgimento nei trial delle Associazioni di Pazienti è riconoscerne formalmente il ruolo attraverso la definizione di requisiti di accreditamento validi per l’intero territorio nazionale e mutuamente riconosciuti nei Paesi UE.
La Carta suggerisce di coinvolgere le Associazioni di Pazienti sin dalla fase di progettazione di nuovi studi e di elaborazione del disegno dei trial clinici. Il vantaggio fondamentale sarebbe quello di poter definire gli obiettivi delle sperimentazioni in modo più rispondente alle reali esigenze dei pazienti in termini di efficacia, sicurezza, funzionalità e sopravvivenza, favorendo un approccio personalizzato alle terapie farmacologiche.
Nella fase di arruolamento il coinvolgimento delle Associazioni, oltre a permettere un arruolamento dei pazienti più rapido e affidabile, aiuta a superare possibili iniquità nell’accesso alla ricerca scientifica e ai trial clinici, che costituiscono per molte patologie l’unica prospettiva di miglioramento. Il coinvolgimento delle Associazioni nel disegno dei trial può ridurre il rischio che l’arruolamento dei pazienti avvenga in modo arbitrario, tramite il controllo dei criteri di inclusione/esclusione.
Nello svolgimento del trial, le Associazioni di Pazienti possono segnalare aspetti determinanti per misurare l’impatto dei farmaci sui pazienti, quali i sintomi con un maggior impatto sulla qualità della vita, le modalità di somministrazione dei farmaci più adatte alla gestione ordinaria delle cure, la tollerabilità degli effetti collaterali, eventuali aspetti del percorso di cura non adeguatamente considerati.
Infine, prima, durante e dopo il trial le Associazioni di Pazienti sono una risorsa insostituibile per trasferire ai pazienti le informazioni sui trial e chiarire i loro dubbi, favorire l’incontro tra il linguaggio del paziente e quello dei ricercatori, facilitare la comprensione del consenso informato e contribuire alla diffusione dei risultati della sperimentazione.
In definitiva, la partecipazione delle Associazioni di Pazienti ai trial clinici favorisce l’efficienza nello sviluppo dei farmaci e garantisce maggiore attenzione ai bisogni sanitari: ottimizza lo svolgimento dei trial, ne migliora la sostenibilità riducendo i costi organizzativi, promuove l’appropriatezza prescrittiva e favorisce un approccio personalizzato alle terapie farmacologiche.
«Ci aspettiamo che la Carta non serva solo per accreditare le Associazioni di Pazienti verso i ricercatori ma rivesta un significato più generale nella conoscenza e nell’apprezzamento della ricerca indipendente – osserva Mariapia Garavaglia – da oggi intorno alla Carta si può sviluppare un confronto su temi eticamente rilevanti: le modalità di arruolamento nei trial, l’informazione da dare ai pazienti, la scelta delle priorità e degli obiettivi degli studi clinici, la comunicazione dei risultati».
Il punto di vista delle Associazioni di Pazienti
Nicoletta Cerana, ACTO – Alleanza Contro il Tumore Ovarico
«Uno degli ostacoli più sentiti in fase di accesso è la discriminazione nei criteri di arruolamento, di inclusione ed esclusione. L’Associazione di Pazienti deve intervenire per garantire una reale equità di accesso e questa garanzia è particolarmente importante quando si parla di sperimentazioni clinica e donne. Sappiamo infatti che ancora oggi la percentuale di donne arruolate supera difficilmente il 20% negli studi clinici di fase 3 e che si avvicina allo zero negli studi clinici di fase 1 e 2. Questa “cecità di genere”, cioè la sotto rappresentazione delle donne nelle sperimentazioni farmacologiche, è molto pericolosa per la salute delle donne stesse soprattutto a fronte delle recenti acquisizioni nell’ambito della farmacogenomica e delle terapie personalizzate. Noi Associazioni di Pazienti possiamo contribuire a superare questo ostacolo non solo vigilando sui criteri di accesso, ma anche promuovendo nell’ambito della sperimentazione farmacologica una cultura e una formazione sanitaria più attenta alla dimensione femminile».
Martina Bassi, AISM – Associazione Italiana Sclerosi Multipla
«Le Associazioni di Pazienti hanno un ruolo fondamentale nel processo di ricerca: basti pensare al ruolo insostituibile che svolgono nel favorire la diffusione delle informazioni relative ai risultati della ricerca attraverso i propri canali di informazione, in primis i siti web, e alla loro importanza nel favorire la comprensione di materie che possono risultare complesse con la necessaria accuratezza e approfondimento e senza mai scadere in banalizzazioni.
Le Associazioni di Pazienti hanno quindi un ruolo fondamentale nel mettere in collegamento due mondi che potrebbero risultare distanti: quello della ricerca e quello delle persone con patologia, unite verso lo stesso grande obiettivo far sì che la ricerca abbia come fine ultimo risultati concreti e tangibili nella vita delle persone».
Antonio Minoia, AMICI – Associazione Nazionale delle persone affette da Colite Ulcerosa o Malattia di Crohn
«Tutti i pazienti hanno diritto di conoscere e accedere alle diverse opzioni terapeutiche disponibili per gestire al meglio la loro malattia. I trial clinici sono per alcune patologie, per le quali non esistono ancora farmaci efficaci, l’unica strada percorribile. Per altre malattie rappresentare invece un’ulteriore opzione terapeutica e la possibilità di un miglioramento delle condizioni di salute e della qualità di vita.
Le Associazioni di Pazienti possono avere, in questo ambito, un ruolo fondamentale nel rendere noti i trial attivi e nel fornire tutte le informazioni necessarie affinché l’ammalato possa conoscere e fare una scelta consapevole. Per rendere attuabile tutto questo è necessario che le Associazioni di Pazienti siano coinvolte attraverso la condivisione di informazioni e la disponibilità dei dati in tutte le fasi della sperimentazione, dalla progettazione alla selezione dei candidati, dallo svolgimento fino alla pubblicazione dei risultati.
Le Associazioni potrebbero inoltre rappresentare un valido supporto al paziente, per aiutarlo nella relazione con il centro e l’interpretazione dell’andamento del trial, anche attraverso l’aiuto di un Patient Support Program se disponibile».
Sava Severoni, ANMAR – Associazione Nazionale Malati Reumatici
«Forti della convinzione dell’importanza delle Associazioni nei trial clinici, abbiamo lavorato alla costruzione della Carta mettendo a disposizione le nostre competenze e conoscenze a beneficio dell’innovazione terapeutica e dell’integrazione del percorso di cura del paziente con la sua qualità di vita. Abbiamo profusamente manifestato l’importanza del ruolo del paziente esperto utile nel semplificare l’arruolamento del paziente, a garanzia dello svolgimento dello studio mantenendo l’aderenza, favorendo l’innovazione terapeutica profilata e personalizzata, ottimizzando e razionando i costi a favore dell’appropriatezza. Accompagnare il paziente nei trial rappresenta per noi una mano tesa all’opportunità di cura e alla speranza».
Antonella Celano, APMARR – Associazione Nazionale Persone con Malattie Reumatologiche e Rare
«Per un paziente, la comunicazione con il medico è sempre complessa, e lo è ancor di più all’interno di un processo di ricerca. Proprio per questo, le Associazioni di Pazienti devono essere coinvolte fin dall’inizio del trial clinico, perché grazie alla presenza dell’Associazione il paziente potrà comprendere meglio il Consenso informato e firmarlo con maggiore consapevolezza. Più in generale, l’Associazione può facilitare la comprensione di tutte le terminologie e le pratiche complesse legate al trial.
Inoltre, se il paziente cerca informazioni sul web, l’Associazione potrà indirizzarlo verso informazioni validate e certificate. In definitiva, il ruolo delle Associazioni è fondamentale per sostenere con le loro informazioni la permanenza del paziente all’interno di tutto il percorso del trial clinico».
Rosanna D’Antona, Europa Donna Italia
«La disomogeneità e le diseguaglianze che caratterizzano molte prestazioni sanitarie nel nostro Paese hanno conseguenze particolarmente gravi quando riguardano le sperimentazioni cliniche, dove le barriere geografiche e le difficoltà nel reperire e nel decodificare le informazioni impediscono a pazienti in condizioni critiche di ricevere possibili terapie salvavita. Le Associazioni di Pazienti rappresentano una risorsa concreta, a servizio dei pazienti e dei ricercatori, per garantire una partecipazione equa ed adeguata ai trial clinici: il loro ruolo nella messa a punto e nell’esecuzione dei trial non può più ridursi a una raccomandazione generica ma deve essere parte integrante ed effettiva della normativa di riferimento».
Andrea Buzzi, Fondazione Paracelso
«A rendere opportuna e necessaria la partecipazione attiva dei pazienti alla progettazione e alla conduzione degli studi clinici, ci sono innanzi tutto ragioni etiche, efficacemente sintetizzate nel principio “nothing about me without me” (niente su di me senza di me), enunciato al termine del Seminario globale di Salisburgo nel 1998. L’inclusione dei pazienti o di loro rappresentanti in tutto il percorso assistenziale, compreso lo sviluppo dei farmaci, è inoltre potenzialmente migliorativo dell’intero sistema anche in termini di efficienza e appropriatezza, parole e concetti chiave in un contesto di ricorrenti richiami alle ingenti risorse economiche necessarie per sostenere i servizi sanitari e alla loro limitatezza».
Emanuela Crapanzano, Famiglie SMA
«Al di là delle possibili differenze legate alla patologia o all’età del paziente che affronta il trial clinico o alla fase del trial, che implica reazioni molto diverse, una cosa accomuna tutti i pazienti coinvolti in un trial: il fatto che non debbano mai sentirsi soli.
Perché l’aderenza sia mantenuta, è fondamentale che un piccolo fastidio, una fase di stanchezza, qualsiasi tipo di problema, dal fisico al logistico, agli effetti collaterali, possa essere colto appena emerge, prima di dare luogo a un disagio insopportabile.
Per questo scopo si rende opportuna la figura di un counselor o psicologo che possa svolgere il ruolo di importante mediatore tra il paziente e i medici o tra il paziente e l’azienda farmaceutica. In questo scenario, l’Associazione ha il compito di concorrere a identificare questa figura professionale nonché quello di incaricarsi della sua formazione nell’ambito specifico della patologia di riferimento».
Rosa Ioren Napoli, FIMARP – Federazione Italiana IPF e malattie rare polmonari
«I pazienti con malattie rare hanno grandi aspettative nei confronti dei trial clinici, perché dai trial sperano di poter ottenere la cura che possa guarire la propria patologia o almeno riuscire a contenerla. Tutte le fasi del trial sono egualmente importanti, ma quelle per le quali si deve avere maggiore cura sono la modalità di accesso e la modalità d’informazione sui risultati. Le modalità di accesso devono essere chiare e trasparenti, come chiari e trasparenti devono essere i criteri in base ai quali i pazienti vengono assegnati a un gruppo piuttosto che a un altro, anche per garantire la propria salute. I risultati devono essere trasmessi alle Associazioni che hanno il compito di diffonderli in modo che tutte le persone interessate possono accedere alle informazioni e venga reso noto lo stato di avanzamento in cui si trova la sperimentazione di un nuovo farmaco».
Davide Petruzzelli, FAVO, Federazione Italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia – La Lampada di Aladino
«Le Associazioni di Pazienti devono essere accreditate per la partecipazione attiva ai trial clinici, per accogliere il patrimonio che deriva dall’esperienza diretta con la malattia. Una ricchezza di informazioni ad alto valore aggiunto. Informazioni che non si possono studiare sui libri perché sono conoscenze esperienziali. È una scienza laica di cui il nostro sistema si deve dotare.
Le Associazioni di Pazienti sono pronte ad affrontare questa nuova sfida, ma perché ciò avvenga servono almeno due passaggi fondamentali uno culturale e uno pratico. Culturale perché dobbiamo pensare che questo coinvolgimento dovrà essere non solo di facciata ma vero e attivo. Dobbiamo essere consapevoli e convinti che questo tipo di partecipazione è davvero un valore aggiunto e irrinunciabile. Pratico, perché servono dei criteri per accreditare queste organizzazioni, quindi un riconoscimento formale basato requisiti ben definiti, validi sull’intero territorio nazionale e mutuamente riconosciuto nei Paesi dell’UE».
Daniele Preti, FedEmo – Federazione delle Associazioni Emofilici
«Il sostegno all’attività di informazione sugli studi clinici svolto da parte delle Associazioni di Pazienti può recitare un ruolo importante nel trasferire ai pazienti in modo completo e con un linguaggio semplificato e alleggerito da tecnicismi tutte le informazioni necessarie per una migliore comprensione dei presupposti, delle finalità e delle modalità di esecuzione di un trial.
La specifica informazione che le Associazioni potrebbero offrire ai pazienti rispetto a quello che è probabilmente il documento più importante per chi partecipa a uno studio, ovvero il consenso informato costituirebbe un elemento di valore, in grado di assicurare la piena consapevolezza dei partecipanti rispetto all’iter del trial e al proprio ruolo all’interno di esso, favorendo la motivazione e la compliance dei pazienti.
Una diffusione e una esaustiva illustrazione ai pazienti dei risultati di un trial, infine, costituiscono ulteriori importanti aspetti relativi all’attività di informazione che le Associazioni potrebbero supportare. Offrire all’intera comunità dei pazienti e con un linguaggio semplificato l’accesso ai dati e alle risultanze conclusive di uno studio, affiancando in tal modo l’informazione normalmente ristretta alle riviste scientifiche, all’ambito clinico risulterebbe certamente utile per aumentare la consapevolezza dei pazienti e rendere pienamente il senso della loro partecipazione ai trial».
Gianna Puppo Fornaro, LIFC – Lega Italiana Fibrosi Cistica
«Oggi finalmente e concretamente parliamo dei diritti dei pazienti e dell’ascolto della loro voce nei trial clinici.
Il paziente coinvolto nelle sperimentazioni cliniche può rappresentare una grande risorsa; nessuno meglio dei pazienti può esprimere un bisogno prioritario, utile anche alla comunità scientifica e che tenga conto anche del miglioramento della qualità della vita. Le Associazioni pazienti andrebbero coinvolte più attivamente nella stesura di un disegno di sperimentazione clinica e questa “Carta” è la risposta che le Associazioni e i pazienti aspettavano».
Stefania Vallone, WALCE – Women Against Lung Cancer in Europe
«Gli studi clinici rappresentano per i pazienti un’opportunità insostituibile per aver accesso a trattamenti innovativi e in questo gioca un ruolo fondamentale l’informazione corretta. Il coinvolgimento delle Associazioni di Pazienti nell’ambito della sperimentazione clinica è determinante in quanto le Associazioni rappresentano una risorsa insostituibile sia per trasferire ai pazienti tutte le informazioni che riguardano gli studi clinici che per chiarire dubbi e incertezze. Se adeguatamente formate e coinvolte fin dall’inizio di questo percorso, le associazioni possono diventare un punto di incontro tra i pazienti e i ricercatori, traducendo nel linguaggio dei pazienti termini tecnici molto complessi e aiutando i pazienti nel reperimento di informazioni sul web».
Rita Vetere, Salute Donna
«Il trial clinico è un’opportunità insostituibile per il paziente soprattutto dove non ci sono alternative terapeutiche per il trattamento della sua patologia. In questo contesto l’Associazione di volontariato, purché sia adeguatamente formata, può aiutare molto il paziente a capire come si svolgerà il percorso e a chiarire gli eventuali dubbi. Occorre anche verificare la correttezza dei parametri nella scelta dei pazienti per non sfavorire pazienti che hanno già delle terapie farmacologiche possibili rispetto ad altri che non ne hanno.»